Le attività tipiche dei Commercialisti: dalla Cassazione ancora chiarezza e senso di responsabilità
La recente Sentenza della Cassazione n. 3495 del 7 febbraio 2024 afferma con grande chiarezza che le attività di tenuta della contabilità ed i conseguenti adempimenti fiscali debbano essere riservati ai Commercialisti. Tale attività è diversamente consentita soltanto se esercitata in forma libera, gratuita e non organizzata. Per la verità è soltanto l’ultimo di una lunga serie di interventi giurisprudenziali che fa chiarezza in tale materia (si vedano, per tutte, la Corte di Cassazione n. 11545 del 23 marzo 2012, n. 33464 del 10 maggio 2018, n. 16366 del 15 aprile 2019, 22549 del 9 settembre 2019, n. 12282 del 12 febbraio 2020 e n. 15004 del 28 maggio 2021), ma certamente questo ultimissimo è un intervento che sgombra il campo da qualsiasi equivoco in ordine all’esistenza sul mercato dei servizi professionali di diversi soggetti che sconfinano certamente nel campo dell’esercizio abusivo della professione. Con tutto quello che da ciò ne consegue in termini di pubblico affidamento (da un lato) e di perseguibilità penale in capo al trasgressore (dall’altro).
Ma ci preme sottolineare in questa sede non tanto e non solo il giusto riconoscimento per la Categoria, quanto le motivazioni che sottendono tale scelta di campo. Non va dimenticato infatti che gli iscritti all’Albo dei Commercialisti hanno superato un esame di Stato (e dunque pubblico) come previsto dall’articolo 33 della nostra Costituzione e da questo ne discende l’esistenza del sistema ordinistico vigilato dal Ministero della Giustizia, la vigilanza degli Ordini sugli iscritti e tutta una serie di comportamenti (deontologici, assicurativi, disciplinari e di aggiornamento obbligatorio). Riteniamo che questa matrice di origine costituzionale sia “genetica” della nostra condizione di esercizio dell’attività professionale e che sia stata per anni banalizzata e furbescamente “bypassata” in nome della liberalizzazione imperante. Mercificando in tal modo il nostro modo di essere e di porci con la nostra clientela alla quale forniamo un servizio che ha una matrice pubblicistica. In gioco c’è la tutela dei terzi che fanno affidamento su un impianto di scritture e di adempimenti che deve essere garantito da soggetti titolati a farlo. Si pensi ad esempio alla scelta di una banca se affidare o no un cliente (e se sì in che misura). L’istruttoria si fonda anche sui dati di bilancio e dunque una rappresentazione insufficiente o falsata metterebbe in discussione la credibilità di tutto il sistema creditizio ed economico.
Ed a proposito di pubblico affidamento, ci piace anche ricordare che:
• i supermercati possono vendere soltanto farmaci da banco. Tutti gli altri, sono venduti in farmacia da soggetti titolati (i farmacisti, appunto!);
• il nuovo codice della crisi (art. 13 e 375 del D.Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 che ha riformulato l’articolo 2086 del Codice Civile), enfatizza l’importanza dell’impianto contabile perché impone all’imprenditore “la verifica degli adeguati assetti organizzativi e contabili”.
Dunque, ora più che mai c’è bisogno di chiarezza normativa. Dobbiamo revisionare il nostro ordinamento professionale con urgenza, rafforzando l’articolo 1 del D.Lgs. 139/2005 ed utilizzando espressioni più chiare e definite quali “competenze esclusive e spettanti”. Evitando ab-origine equivoci o continue e pericolose fughe in avanti.